Nato come piatto povero nel Maghreb, nell’Africa nord occidentale, consumato dai berberi come pasto a base di cereali, acqua e latte, il cous cous si afferma nelle abitudini alimentari dei paesi limitrofi per poi raggiungere tutto il mondo ed essere, oggi, al quarto posto tra i cibi più consumati. Dai paesi dell’Africa del Nord ha viaggiato verso sud raggiungendo l’Africa sub tropicale: lo si trova nelle tradizione gastronomica del Sudan, della Mauritania, della Costa d’Avorio e del Senegal, da dove, probabilmente attraverso la tratta degli schiavi, è migrato nel lontano Brasile.
Contrariamente a quanto si possa immaginare, il cous cous non approda in Sicilia nel 827 d.C. in occasione della conquista araba, ma si diffonde probabilmente tramite il mare tra il XV ed il XVIII secolo, quando la Sicilia fu teatro di numerose incursioni da parte di pirati barbareschi; si presume che siano stati proprio loro a introdurre il cous cous in tutta la provincia di Trapani, la più soggetta alle incursioni per via della posizione geografica.
Altre ipotesi suggeriscono che il cous cous si sia diffuso invece nel Tirreno (Liguria, Sardegna e Sicilia), tra la prima metà del Cinquecento e la fine del Settecento, ad opera dei viaggi che i liguri, sardi e siciliani intraprendevano tra le coste spagnole e nord africane alla ricerca del corallo.
Il peregrinare del cous cous attraverso l’Europa, l’Africa, l’Asia e il Sud America, è da attribuire a diverse cause: in primo luogo il fatto che i cereali da cui si ricava la granella siano coltivati e diffusi in tutta la fascia temperata e sub tropicale; la facilità della molitura dei cereali; poi la versatilità con cui può essere condito con qualsiasi prodotto stagionale della terra e del mare e, infine, il fatto che la semola ricavata dai cereali sia un alimento digeribile, energetico e di facile cottura.
Il cous cous fra le culture
Nel Corano è scritto che il cous cous vada mangiato con la forchetta di Allah, ovvero le sole tre dita della mano destra, per distinguersi dal diavolo che mangia con uno, dal Profeta con due e dall’ingordo che ne usa cinque; le mani vengono lavate, prima e dopo il pasto, senza alzarsi da tavola con l’acqua di una brocca. Le popolazioni di religione islamica mangiano il cous cous seduti per terra, in cerchio intorno a un basso tavolo rotondo, servendosi da un unico grande piatto senza posate ed aiutandosi con il pane non lievitato. Come è noto, almeno una volta nella vita è dovere di ogni musulmano compiere il pellegrinaggio alla Mecca, il luogo sacro in Arabia Saudita; in occasione del ritorno Hadj i marocchini in festa preparano il kseksou bel beid wa louz, un cous cous con uova e mandorle profumato con coriandolo, curcuma, e zafferano.
Nelle comunità ebraiche originarie del Maghreb, il cous cous è il primo pasto dello Shabbat, il giorno di riposo settimanale (venerdì).
Il cous cous assume, nelle civiltà occidentali e in quelle islamiche, una funzione apotropaica che ne riassume tutti i suoi significati simbolici: piatto dell’amore, piatto della pace, piatto propiziatore, piatto dell’unione e dell’integrazione culturale e religiosa.